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IMPRENDITORIA FEMMINILE
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97MILA IMPRESE PER UN MONDO DI 794MILA IMPRENDITRICI ATTIVE NEL TERZIARIO E NELL’AGRICOLTURA

L’aumento dell’occupazione femminile piemontese è stato di 100mila unità:

+15,2% rispetto all’incremento totale dell’occupazione piemontese (+8,3%)

Oggi, mercoledì 9 febbraio 2005, è stata presentata presso il Centro Congressi Torino Incontra di via Nino Costa 8, l’indagine "Piccole imprese, grandi imprenditrici" promossa dalla Regione Piemonte in collaborazione con Unioncamere Piemonte e con il supporto del Ministero delle Attività Produttive.

Il seminario si è aperto con il saluto di Gilberto Pichetto Fratin, Assessore della Regione Piemonte, e di Renato Viale, Presidente di Unioncamere Piemonte. Sono poi seguite le relazioni, moderate dal Direttore Formazione Professionale - Lavoro della Regione Piemonte Giuseppe De Pascale, di Giuseppe Russo, docente del Politecnico di Torino ed economista Step, e di Filippo Chiesa, ricercatore Step. Ha quindi preso la parola Monica Onori, funzionario AsseforCamere, per illustrare il rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile. Infine, è intervenuta Susanna Barreca, esperta in sostegno dell’imprenditoria della Regione Piemonte, con un intervento su mentoring e fondo di garanzia per l’imprenditoria femminile.

"L’ormai lunga esperienza della Regione a sostegno del sistema produttivo ha permesso di appurare che alle imprese occorrono non solo strumenti di mera incentivazione finanziaria, ma anche servizi di supporto e di promozione della cultura imprenditoriale. Calando questa constatazione nella realtà dell’imprenditoria femminile piemontese, forte di quasi 100mila ‘imprese rosa’, la Regione ha voluto, in collaborazione con Unioncamere Piemonte, fornire servizi di consulenza tecnica e gestionale su tutto il territorio piemontese per accompagnare le donne dalla nascita dell’idea imprenditoriale alla scelta tipologica dell’impresa.

Per sostenere l’imprenditoria femminile la Regione, oltre ai due bandi della legge 215/92 che hanno permesso di finanziare oltre 560 imprese con 25 milioni di euro, con i fondi regionali ha sostenuto le nuove iniziative imprenditoriali da parte dei ‘soggetti deboli’, di cui 1.408 da parte di donne, e 508 da donne unitamente a giovani. Infine, voglio richiamare un nuovo strumento recentemente attivato, il Fondo di garanzia a sostegno dell’imprenditoria femminile per consentire l’accesso al credito di piccole imprese che promuovono progetti di investimento. Il fondo è stato dotato di 400mila euro" ha ricordato Gilberto Pichetto Fratin.

"Unioncamere Piemonte collabora con la Regione Piemonte nella realizzazione del Programma Regionale L.215/92 V bando per il ruolo di promozione e animazione svolto dalle Camere di commercio nel processo di radicamento della cultura imprenditoriale tra le donne. Da tempo, infatti, il sistema camerale ne ha intuito l’importanza per il tessuto imprenditoriale, istituendo i Comitati provinciali per la promozione dell’imprenditoria femminile che operano favorire lo sviluppo delle aziende femminili.

L’indagine presentata oggi non solo ha confermato la forza produttiva dell’universo femminile, ma ne ha evidenziato la sua significativa crescita negli ultimi quindici anni. Abbiamo così accolto con entusiasmo e fiducia le nuove linee d’azione ideate dalla Regione Piemonte nell’ambito del II Programma Regionale, ossia l’esperienza di mentoring e il Fondo di garanzia femminile che, come testimoniano le protagoniste intervenute oggi e le risposte raccolte nell’indagine, rappresentano una risposta concreta alle esigenze reali delle imprenditrici piemontesi" ha dichiarato Renato Viale.

Per misurare l’intensità e capire le tendenze della partecipazione femminile al lavoro, la Regione Piemonte ha promosso, tramite Unioncamere Piemonte, una ricerca articolata, che rappresenta il primo vero momento di check up dell’universo imprenditoriale regionale. L’ambito di rilevazione è stato quello piemontese, preso nel complesso e articolato provincia per provincia. Gli strumenti di indagine sono stati principalmente tre: un’analisi delle banche dati del sistema delle Camere di commercio piemontesi (Stock View di Infocamere), un’approfondita indagine e la conseguente elaborazione delle 900 risposte e infine alcune interviste faccia a faccia che hanno permesso di realizzare 17 casi di studio.

Le donne che lavorano in Piemonte con un’occupazione dipendente sono 598mila, mentre 166mila hanno un lavoro autonomo: 107mila di queste sono imprenditrici di 97mila aziende, pari al 24% del totale delle imprese piemontesi.

Le imprese femminili esistenti in Piemonte sono giovani. Vi è stata infatti una brusca accelerazione della loro nascita: il 48% di esse sono nate dopo il 1990, ossia negli ultimi quattordici anni, il che conferma come l’imprenditorialità femminile abbia alla base un forte cambiamento culturale. La congiuntura del 2003-2004 (considerando i dati di 18 mesi) non ha invertito lo sviluppo delle imprese femminili, ma ne sta consolidando il livello, visto che il tasso di variazione delle imprese è del -3 per mille, contro un valore nazionale pari al -8 per mille.

L’impegno imprenditoriale delle donne è diverso per settore: limitato nell’industria, dove si occupano prevalentemente delle aziende di famiglia per "successione generazionale", si articola nelle società di persone e ditte individuali nell’agricoltura, nel commercio e nel turismo. Si evidenzia, invece, un cospicuo numero di donne imprenditrici nelle società di capitali che si occupano di servizi e terziario avanzato, dall’informatica ai servizi immobiliari.

La partecipazione delle donne all’impresa è "esclusiva" nel 95% dei casi (ditte individuali e società con altre donne) e l’azienda-tipo è una micro impresa. In tre quarti dei casi il fatturato di queste ditte non supera il milione di euro e in oltre la metà non arriva a 250mila euro.

Solo le sfumature distinguono localmente le imprenditrici piemontesi, che invece sono piuttosto omogenee sotto il profilo delle competenze, delle aspirazioni, dei modelli di comportamento professionale. L’immagine di un’imprenditoria fragile e bisognosa di sostegni è legata a uno stereotipo e non corrisponde alla realtà. Le donne emergono come imprenditrici di valore, buone organizzatrici della attività propria e dei propri collaboratori (solo il 5% dichiara di avere difficoltà ad imporre le proprie decisioni).

Nonostante i sacrifici in termini di tempo che richiede la scelta imprenditoriale (il 70% lamenta la mancanza di tempo "per sé stessa") e le difficoltà proprie del mestiere, quattro imprenditrici su cinque rifarebbero questa scelta, che soddisfa appieno la metà delle intervistate. Non hanno rivendicazioni di genere per ciò che fanno. Vogliono principalmente servizi efficienti che desidererebbe qualsiasi imprenditore, e chiedono che a erogarli siano banche, istituzioni, associazioni o, ancora, il mercato.

L’imprenditrice piemontese tipo è una signora di mezza età, sposata nel 70% casi, ma che non ha o non ha più figli in età scolare. Si dedica all’impresa tra le 9 e le 11 ore e mezza al giorno e lavora spesso a 15 minuti da casa: una distanza necessaria, questa, a conciliare la vita in azienda con la famiglia. Solo il 4% dichiara tensioni nella vita familiare più o meno riferibili alla sua attività.

Non è la mancanza di un lavoro o di altre opportunità ad averla spinta ad affrontare il mercato come imprenditore, piuttosto è la voglia di affermarsi nella realizzazione di un’idea. Il tasso di donne laureate imprenditrici è minimo (circa una su dieci) e l’attività spesso nasce in breve tempo (nell’80 per cento dei casi meno di sei mesi) senza un’alta formazione preparatoria. Quando hanno dato vita alla loro impresa, 2 donne su 3 non hanno sentito il bisogno di formulare un piano preciso, forti di un’esperienza di settore, acquisita spesso da un precedente lavoro alle dipendenze, durante il quale hanno maturato l’idea imprenditoriale e nel quale, spesso, hanno trovato i soci o i futuri collaboratori.

Le verifiche al progetto d’impresa sono state realizzate coinvolgendo la famiglia o gli amici, qualche volta i consulenti, raramente i professionisti o le associazioni di categoria. Con progetti per lo più non molto formalizzati, l’accoglienza in banca non è stata priva, per lo meno all’inizio, di qualche elemento di cautela.

Per questo i finanziamenti della L. 215/1992 sono giudicati quanto mai opportuni per via delle difficoltà oggettive di accesso al credito e non sono visti come un "sostegno al genere".

Le donne imprenditrici piemontesi sono innovatrici del prodotto, meno spesso del processo, per il quale spesso si servono dell’aiuto di un familiare o un figlio. Sono aperte alle tematiche dell’internazionalizzazione, o almeno molto incuriosite, anche se spesso non sanno ancora "come affrontarle".

Riconoscono il valore della formazione, che normalmente non hanno curato abbastanza in passato, ma che nei pochi casi di utilizzo le ha lasciate soddisfatte: il problema è semmai organizzarla in modo compatibile con le attività dell’azienda.

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