Oggi, mercoledì 9 febbraio 2005, è stata
presentata presso il Centro Congressi Torino Incontra di via
Nino Costa 8, l’indagine "Piccole imprese, grandi imprenditrici"
promossa dalla Regione Piemonte in collaborazione con
Unioncamere Piemonte e con il supporto del Ministero delle
Attività Produttive.
Il seminario si è aperto con il saluto di
Gilberto Pichetto Fratin, Assessore della Regione Piemonte, e di
Renato Viale, Presidente di Unioncamere Piemonte. Sono poi
seguite le relazioni, moderate dal Direttore Formazione
Professionale - Lavoro della Regione Piemonte Giuseppe De
Pascale, di Giuseppe Russo, docente del Politecnico di Torino ed
economista Step, e di Filippo Chiesa, ricercatore Step. Ha
quindi preso la parola Monica Onori, funzionario AsseforCamere,
per illustrare il rapporto nazionale sull’imprenditoria
femminile. Infine, è intervenuta Susanna Barreca, esperta in
sostegno dell’imprenditoria della Regione Piemonte, con un
intervento su mentoring e fondo di garanzia per l’imprenditoria
femminile.
"L’ormai lunga esperienza della Regione a
sostegno del sistema produttivo ha permesso di appurare che alle
imprese occorrono non solo strumenti di mera incentivazione
finanziaria, ma anche servizi di supporto e di promozione della
cultura imprenditoriale. Calando questa constatazione nella
realtà dell’imprenditoria femminile piemontese, forte di quasi
100mila ‘imprese rosa’, la Regione ha voluto, in collaborazione
con Unioncamere Piemonte, fornire servizi di consulenza tecnica
e gestionale su tutto il territorio piemontese per accompagnare
le donne dalla nascita dell’idea imprenditoriale alla scelta
tipologica dell’impresa.
Per sostenere l’imprenditoria femminile la
Regione, oltre ai due bandi della legge 215/92 che hanno
permesso di finanziare oltre 560 imprese con 25 milioni di euro,
con i fondi regionali ha sostenuto le nuove iniziative
imprenditoriali da parte dei ‘soggetti deboli’, di cui 1.408 da
parte di donne, e 508 da donne unitamente a giovani. Infine,
voglio richiamare un nuovo strumento recentemente attivato, il
Fondo di garanzia a sostegno dell’imprenditoria femminile per
consentire l’accesso al credito di piccole imprese che
promuovono progetti di investimento. Il fondo è stato dotato di
400mila euro" ha ricordato Gilberto Pichetto Fratin.
"Unioncamere Piemonte collabora con la
Regione Piemonte nella realizzazione del Programma Regionale L.215/92
V bando per il ruolo di promozione e animazione svolto dalle
Camere di commercio nel processo di radicamento della cultura
imprenditoriale tra le donne. Da tempo, infatti, il sistema
camerale ne ha intuito l’importanza per il tessuto
imprenditoriale, istituendo i Comitati provinciali per la
promozione dell’imprenditoria femminile che operano favorire lo
sviluppo delle aziende femminili.
L’indagine presentata oggi non solo ha
confermato la forza produttiva dell’universo femminile, ma ne ha
evidenziato la sua significativa crescita negli ultimi quindici
anni. Abbiamo così accolto con entusiasmo e fiducia le nuove
linee d’azione ideate dalla Regione Piemonte nell’ambito del II
Programma Regionale, ossia l’esperienza di mentoring e il Fondo
di garanzia femminile che, come testimoniano le protagoniste
intervenute oggi e le risposte raccolte nell’indagine,
rappresentano una risposta concreta alle esigenze reali delle
imprenditrici piemontesi" ha dichiarato Renato Viale.
Per misurare l’intensità e capire le
tendenze della partecipazione femminile al lavoro, la Regione
Piemonte ha promosso, tramite Unioncamere Piemonte, una ricerca
articolata, che rappresenta il primo vero momento di check up
dell’universo imprenditoriale regionale. L’ambito di rilevazione
è stato quello piemontese, preso nel complesso e articolato
provincia per provincia. Gli strumenti di indagine sono stati
principalmente tre: un’analisi delle banche dati del sistema
delle Camere di commercio piemontesi (Stock View di Infocamere),
un’approfondita indagine e la conseguente elaborazione delle 900
risposte e infine alcune interviste faccia a faccia che hanno
permesso di realizzare 17 casi di studio.
Le donne che lavorano in Piemonte con
un’occupazione dipendente sono 598mila, mentre 166mila hanno un
lavoro autonomo: 107mila di queste sono imprenditrici di 97mila
aziende, pari al 24% del totale delle imprese piemontesi.
Le imprese femminili esistenti in Piemonte
sono giovani. Vi è stata infatti una brusca accelerazione della
loro nascita: il 48% di esse sono nate dopo il 1990, ossia negli
ultimi quattordici anni, il che conferma come
l’imprenditorialità femminile abbia alla base un forte
cambiamento culturale. La congiuntura del 2003-2004
(considerando i dati di 18 mesi) non ha invertito lo sviluppo
delle imprese femminili, ma ne sta consolidando il livello,
visto che il tasso di variazione delle imprese è del -3 per
mille, contro un valore nazionale pari al -8 per mille.
L’impegno imprenditoriale delle donne è
diverso per settore: limitato nell’industria, dove si occupano
prevalentemente delle aziende di famiglia per "successione
generazionale", si articola nelle società di persone e ditte
individuali nell’agricoltura, nel commercio e nel turismo. Si
evidenzia, invece, un cospicuo numero di donne imprenditrici
nelle società di capitali che si occupano di servizi e terziario
avanzato, dall’informatica ai servizi immobiliari.
La partecipazione delle donne all’impresa è
"esclusiva" nel 95% dei casi (ditte individuali e società con
altre donne) e l’azienda-tipo è una micro impresa. In tre quarti
dei casi il fatturato di queste ditte non supera il milione di
euro e in oltre la metà non arriva a 250mila euro.
Solo le sfumature distinguono localmente le
imprenditrici piemontesi, che invece sono piuttosto omogenee
sotto il profilo delle competenze, delle aspirazioni, dei
modelli di comportamento professionale. L’immagine di
un’imprenditoria fragile e bisognosa di sostegni è legata a uno
stereotipo e non corrisponde alla realtà. Le donne emergono come
imprenditrici di valore, buone organizzatrici della attività
propria e dei propri collaboratori (solo il 5% dichiara di avere
difficoltà ad imporre le proprie decisioni).
Nonostante i sacrifici in termini di tempo
che richiede la scelta imprenditoriale (il 70% lamenta la
mancanza di tempo "per sé stessa") e le difficoltà proprie del
mestiere, quattro imprenditrici su cinque rifarebbero questa
scelta, che soddisfa appieno la metà delle intervistate. Non
hanno rivendicazioni di genere per ciò che fanno. Vogliono
principalmente servizi efficienti che desidererebbe qualsiasi
imprenditore, e chiedono che a erogarli siano banche,
istituzioni, associazioni o, ancora, il mercato.
L’imprenditrice piemontese tipo è una
signora di mezza età, sposata nel 70% casi, ma che non ha o non
ha più figli in età scolare. Si dedica all’impresa tra le 9 e le
11 ore e mezza al giorno e lavora spesso a 15 minuti da casa:
una distanza necessaria, questa, a conciliare la vita in azienda
con la famiglia. Solo il 4% dichiara tensioni nella vita
familiare più o meno riferibili alla sua attività.
Non è la mancanza di un lavoro o di altre
opportunità ad averla spinta ad affrontare il mercato come
imprenditore, piuttosto è la voglia di affermarsi nella
realizzazione di un’idea. Il tasso di donne laureate
imprenditrici è minimo (circa una su dieci) e l’attività spesso
nasce in breve tempo (nell’80 per cento dei casi meno di sei
mesi) senza un’alta formazione preparatoria. Quando hanno dato
vita alla loro impresa, 2 donne su 3 non hanno sentito il
bisogno di formulare un piano preciso, forti di un’esperienza di
settore, acquisita spesso da un precedente lavoro alle
dipendenze, durante il quale hanno maturato l’idea
imprenditoriale e nel quale, spesso, hanno trovato i soci o i
futuri collaboratori.
Le verifiche al progetto d’impresa sono
state realizzate coinvolgendo la famiglia o gli amici, qualche
volta i consulenti, raramente i professionisti o le associazioni
di categoria. Con progetti per lo più non molto formalizzati,
l’accoglienza in banca non è stata priva, per lo meno
all’inizio, di qualche elemento di cautela.
Per questo i finanziamenti della L.
215/1992 sono giudicati quanto mai opportuni per via delle
difficoltà oggettive di accesso al credito e non sono visti come
un "sostegno al genere".
Le donne imprenditrici piemontesi sono
innovatrici del prodotto, meno spesso del processo, per il quale
spesso si servono dell’aiuto di un familiare o un figlio. Sono
aperte alle tematiche dell’internazionalizzazione, o almeno
molto incuriosite, anche se spesso non sanno ancora "come
affrontarle".
Riconoscono il valore della formazione, che
normalmente non hanno curato abbastanza in passato, ma che nei
pochi casi di utilizzo le ha lasciate soddisfatte: il problema è
semmai organizzarla in modo compatibile con le attività
dell’azienda.