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 Il Piemonte nel 2007 in sintesiCondizionata dalla crisi  statunitense, l’economia globale ha rallentato nel 2007

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Il Piemonte nel 2007 in sintesi

Condizionata dalla crisi statunitense, l’economia globale ha rallentato nel 2007: il Pil mondiale è cresciuto del 4,9% e del 2,6% nell’Eurozona, 2,9% nell’intera UE. Anche l’Italia ha risentito della leggera flessione congiunturale: nel 2007 il Pil è cresciuto del 1,5%, decelerando rispetto al +1,8% del 2006. Il Pil piemontese registra 1,6 e 1,4% rispettivamente. Per quanto riguarda la crescita industriale, il 2007 è stato per il Piemonte un anno di consolidamento, dopo alcuni anni negativi. Brillanti i risultati dei primi due trimestri dell’anno, trainati dall’auto e non solo, poi la crescita industriale ha rallentato, mantenendosi comunque su +2,6% su base annua.

Il clima di opinione registrato fra i cittadini in relazione sia al periodo appena trascorso sia alle prospettive immediate, segnala percezioni negative, anche se non disastrose: la percentuale di coloro che considerano peggiorata la situazione economica italiana passa dal 57,2% del febbraio 2007 al 72,5% del febbraio 2008. Tuttavia l’ottimismo diminuisce, ma rimane a livelli più elevati del 2004 e degli anni immediatamente precedenti.  La situazione piemontese trova riscontri analoghi nel resto d’Italia e in tutta Europa e nel resto del mondo industrializzato. Nei 5 più grandi paesi europei, nel corso del 2007, il grado di ottimismo personale scende in media di 17 punti, ma nel mondo solo in Cina e in minor misura India e Indonesia si registrano livelli di fiducia nel futuro elevati: altrove prevale, e da diversi anni, il pessimismo. In questo quadro di complessiva difficoltà e incertezza dei cittadini, l’Italia mantiene alcune sue peculiarità, difficili da spiegare guardando solo all’economia o solo alla società. Abbiamo probabilmente bisogno di uno sguardo più complesso: che non solo consideri insieme tanti diversi ambiti di lavoro e di vita, ma di ognuno ne esamini anche le contraddizioni e cerchi spiegazioni cercando di andare oltre i semplici meccanismi causa-effetto.

Il quadro generale

L’osservazione degli investimenti diretti esteri permette di analizzare le caratteristiche strutturali ed evolutive dell’internazionalizzazione attiva e passiva delle imprese piemontesi. Nonostante un andamento non positivo nei primi anni duemila, il Piemonte continua a mostrare un livello di internazionalizzazione superiore alla media nazionale, sia in uscita (investimenti all’estero), sia in entrata (investimenti dall’estero), anche se ampio appare ancora il divario con le regioni europee più avanzate, soprattutto per quanto concerne la capacità di attrarre investimenti internazionali di tipo greenfield (ovvero che comportano l’avvio di nuove attività produttive e di servizio).

I diversi contesti provinciali risultano generalmente accomunati da un’ ulteriore crescita dell’export (con la sola eccezione di Biella), ad evidenziare gli sforzi del sistema produttivo piemontese verso un consolidamento della propria posizione sui mercati internazionali. Su questo fronte notevoli progressi si registrano nelle province del Piemonte meridionale, Cuneo, Asti e Alessandria mentre una situazione di debolezza si riscontra, oltre che a Biella, anche nella provincia di Novara. 

La globalizzazione dei fenomeni economici, sociali, politici e ambientali, è all’origine di cambiamenti e trasformazioni che non riguardano solo le imprese ma investono più in profondità le strutture sociali ed organizzative. Enti locali, Governi regionali, scuola pubblica, Università, istituti finanziari e associazioni della società civile sono chiamati a rispondere agli stimoli provenienti dal mondo, partecipando attivamente alle relazioni internazionali e attrezzandosi con adeguati strumenti di internazionalizzazione e inclusione sociale della popolazione straniera. Una panoramica del fenomeno è possibile attraverso l’analisi delle politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo della Regione e dagli Enti locali; dell’internazionalizzazione della scuola primaria e secondaria oltre a quella delle Università e dei centri di alta formazioni presenti sul territorio piemontese; del fenomeno dell’imprenditoria straniera; della bancarizzazione e delle rimesse degli immigrati. L’immagine che se ne ricava  è però quella di una società ancora impreparata a far fronte alla globalizzazione, o in ogni caso meno consapevole rispetto al mondo dell’impresa.

I settori produttivi

Nel 2007 l’incremento della domanda nei paesi emergenti, dell’opzione agro-energetica e della riduzione delle produzioni causata da ragioni climatiche hanno influito profondamente sui mercati agroalimentari internazionali. Ciò ha portato a un sensibile incremento dei prezzi dei prodotti agricoli,  soprattutto per i cereali,  causando poi un brusco aumento dei costi sostenuti dalla zootecnia. Gli effetti si sono riverberati anche a livello locale.

Buone notizie dal fronte auto. Dal punto di vista finanziario il 2007 ha segnato un punto di svolta sul fronte dell’indebitamento industriale. Oggi, non solo Fiat lo ha azzerato, ma ha chiuso la gestione con una disponibilità netta di circa 350 milioni di euro. Allo stesso tempo, il considerevole cash flow industriale ha permesso di proseguire nel rinnovamento della gamma dei prodotti, migliorare i livelli di qualità, aumentare la redditività.  I risultati del Gruppo al 31 dicembre 2007 mostrano per il terzo anno consecutivo risultati estremamente positivi e in forte crescita:  i ricavi del gruppo Fiat sono stati pari a 58,5 miliardi di euro (in aumento del 12,9% rispetto al 2006).  Il risultato della gestione ordinaria è stato positivo per 3.233 milioni di euro, ben oltre gli obiettivi prefissati e in crescita di circa il 65,7% rispetto all’anno 2006. Il risultato operativo del gruppo è stato di 3.152 milioni di euro contro i 2.061 milioni del 2006,  in aumento del 52,9%.  Il Risultato ante imposte dell’anno 2007 è stato positivo per 2.773 milioni di euro, a fronte dell’utile di 1.641 milioni di euro dell’anno precedente. Anche il risultato netto d’esercizio dunque è stato in progressione rispetto al 2006 risultando pari a 2.054 milioni di euro. Nel 2007 il Gruppo ha azzerato l’indebitamento netto industriale e ha chiuso l’anno con una disponibilità netta di 0,4 miliardi di euro. I dipendenti del Gruppo a fine 2007 erano 185.227 rispetto ai 172.012 di fine 2006 a seguito di 32.300 assunzioni contro circa 21.400 uscite.

 

Il Piemonte si conferma nel ruolo di “Porta d’Italia” della distribuzione commerciale. Una Regione ricca di iniziativa e di innovazione scelta anche dalle catene internazionali per entrare nel mercato italiano. Dal 2001 al 2007 l’apparato commerciale ha sviluppato oltre 20.000 nuovi posti di lavoro, anche grazie al franchising.

Nonostante un calo del 7% delle presenze, imputabile in larga parte alla naturale fase post olimpica, nel 2007, le presenze turistiche tutte le altre province segnano un incremento, in particolare di quelle straniere,  tranne la provincia di Torino e quelle limitrofe di Biella e Asti.

Le infrastrutture

 

Il Piemonte gode di un sistema di infrastrutture per la mobilità articolato e capillare, anche in virtù della mole di investimenti e interventi che hanno interessato il territorio regionale negli ultimi anni, facilitata dall’evento olimpico del 2006: oltre quelle previste dal “Programma Olimpico”, sono infatti state realizzate numerose opere connesse. Ad esse si uniscono diverse infrastrutture strategiche in corso di programmazione e realizzazione, quali ad esempio la linea AV/AC, l’autostrada Asti-Cuneo, il nodo di Novara, il passante di Torino, il Terzo valico dei Giovi, che contribuiranno a rendere il grado di infrastrutturazione del territorio piemontese competitivo e diffuso, offrendo una grande opportunità di integrazione col contesto nazionale e internazionale. La possibilità di cogliere tale opportunità è legata alla capacità della pianificazione di perseguire una gestione integrata di infrastrutture materiali, servizi immateriali e trasformazioni urbanistiche, mediante politiche di accompagnamento di carattere organizzativo basate sui concetti quali l’integrazione territoriale, l’interconnessione, la governance territoriale applicata alle reti.

 

Per quanto riguarda le reti energetiche, sono cruciali le vocazioni territoriali, che considerano sia gli aspetti fisici ed ecologici per indagare le potenzialità già sfruttate e quelle ancora latenti, sia il livello dell’organizzazione del territorio dal punto di vista delle attività produttive e dei modelli insediativi, sia, infine, alle reti di relazione tra gli attori (locali e sovra-locali) e le risorse locali potenziali. Una delle sfide che emergono riguarda proprio la capacità di leggere le risorse energetiche presenti in potenza in un’area e di favorirne lo sfruttamento, coordinando strumenti di pianificazione energetica diretta e strumenti di pianificazione territoriale che, indirettamente, possono influenzare e determinare la domanda e l’offerta di energia locale.

 

Se raffrontata alla situazione rilevata tre anni or sono, oggi (fine 2007) la dotazione di reti ICT in Piemonte può ritenersi relativamente buona, sostenuta anche da un impegno considerevole delle iniziative regionali nel diffondere l’accesso alla banda larga a tutti i comuni piemontesi. L’utilizzo da parte dei diversi soggetti, tuttavia, è ancora lungi dall’essere soddisfacente, soprattutto se confrontato con i livelli europei: discreto per le imprese (con più di 10 addetti), limitato fra i cittadini (come range e intensità di uso dei diversi servizi), inerziale per la pubblica amministrazione (quasi la metà dei comuni dispone di una buona dotazione tecnologica ma rivela  una debole propensione al suo utilizzo).

 

Le ICT possono avere un ruolo rilevante nel perseguire obiettivi più generali di miglioramento delle funzionalità di erogazione e di fruizione di numerosi servizi pubblici e privati.  Ad esempio, con riferimento al perseguimento di obiettivi di mobilità sostenibile, le ICT possono costituire uno strumento straordinario, per ridurre l’incidentalità stradale, contenere il traffico motorizzato (privato) nelle aree più congestionate, ridurre il consumo energetico e l’inquinamento. Nonostante un quadro conoscitivo ancora insufficiente, emerge da parte dei cittadini piemontesi che usano il Web, un discreta consapevolezza circa la possibilità di evitare di spostarsi per realizzare per svolgere un’attività. Anche il fenomeno dell’incidentalità, in progressiva riduzione dal 2003, presenta dinamiche interessanti. Infine, è importante l’incidenza che i trasporti hanno sul bilancio energetico della regione: gli indicatori presi in esame segnalano un livello di efficienza energetica nel complesso, più elevato di quello riscontrabile per il settore dei trasporti a livello nazionale: migliore anche la performance come intensità energetica (energia consumata per unità di Pil).

 

Governo e governance locale

 

Da tempo il sistema di finanziamento degli enti locali, e la disciplina della spesa, non sono stabili, ma risultano soggetti a mutamenti annuali della normativa che li regola. In questi anni uno degli obiettivi principali della politica economica centrale è stato il contenimento dell’indebitamento complessivo delle amministrazioni pubbliche italiane attraverso le regole del patto di stabilità interno. Gli enti piemontesi hanno rispettato la normativa, ma l’impostazione dei bilanci rivela difficoltà crescenti, come è testimoniato dalla gamma di strategie finanziarie messe in atto. Osservando la dinamica degli investimenti emergono forti differenze nei livelli e nel finanziamento, in base alle diverse tipologie di comune. Il sistema del governo locale è “un cantiere” con tante tematiche che si trovano nell’agenda politica della nuova legislatura: il ridisegno del sistema di finanziamento, la questione dimensionale degli enti più piccoli e delle aree metropolitane, il controllo dei conti pubblici in un contesto di proliferazione di società a controllo pubblico, la gestione della mobilità nelle aree urbane. Un cantiere all’interno del più vasto cantiere della riforma federalistica che potrebbe modificare in misura rilevante i rapporti  tra stato regioni ed enti locali, a partire da quelli finanziari.

Contemporaneamente, stiamo assistendo in Piemonte, come in Italia, alla proliferazione di bilanci sociali e altre pratiche di rendicontazione sociale: nelle imprese, negli enti pubblici e negli enti non profit. In questa fase evolutiva si tenta di definire e rendere sistematica la linea di demarcazione ancora incerta del bilancio sociale. Molto vivo è il dibattito sull’approccio volontaristico, sul coinvolgimento degli stakeholder e sullo sviluppo di una cultura di responsabilità e di rendicontazione sociale. La volontà politico-istituzionale e la regia che saprà assicurare saranno determinanti nell’implementazione di queste pratiche di rendicontazione sociale.

 

La qualità sociale

 

Il 2007 conferma la dinamica demografica in atto negli ultimi anni. La popolazione è in crescita grazie ai flussi migratori dall’estero che compensano il deficit naturale, ancorché in lieve ripresa. Il 2007 inoltre si caratterizza per un boom di iscrizioni dall’estero favorito dall’ingresso nell’Unione Europea di Romania e Bulgaria. Gli stranieri rappresentano oramai una presenza radicata e stabile sul territorio piemontese come conferma il progressivo aumento delle immigrazioni legate ai ricongiungimenti familiari: al primo gennaio 2007 i residenti con cittadinanza straniera costituiscono il 5,8% della popolazione regionale. Il Piemonte si conferma come una delle aree più invecchiate in Europa, la percentuale di anziani è in aumento così come l’indice di vecchiaia e la dipendenza degli anziani sulla popolazione in età lavorativa. Tuttavia si osserva come i flussi migratori -come già era avvenuto negli anni Sessanta- stiano fornendo un contributo al “ringiovanimento” della popolazione. Infatti, gli immigrati sono tendenzialmente più giovani e hanno una propensione a fare figli più alta degli autoctoni: nel 2007, i nati stranieri rappresentano il 16% dei nati in Piemonte. L’esperienza del passato indurrebbe a considerare questi fenomeni come transitori. L’esperienza attuale è troppo recente per trarne indicazioni solide. Tutte le province piemontesi beneficiano nel 2007 del notevole aumento del saldo migratorio anche se con intensità differenti nelle diverse aree. L’arrivo di nuovi residenti dall’estero dovrebbe compensare la dinamica naturale negativa in tutte le province ad eccezione di Biella.

 

Il 2007 vede una crescita occupazionale apprezzabile (+11.000 addetti), pur se in deciso regresso rispetto all’anno precedente, quando il saldo positivo era stato di 23.000 unità. In realtà, dal punto di vista del mercato del lavoro il quadro del 2007 presenta elementi contraddittori: dopo i positivi sviluppi del 2006, riflessi ancora in una buona performance nel primo semestre del 2007, si è delineata un’inversione di tendenza piuttosto netta nel secondo semestre, con prospettive di recessione che andranno valutate sulla base dei prossimi dati congiunturali. Colpisce in ogni caso che il peggioramento del bilancio occupazionale registrato nell’ultimo periodo dell’anno sia in realtà una specificità piemontese: la nostra è stata l’unica regione del Centro-Nord a registrare una flessione dei posti di lavoro nel IV trimestre 2007, con una forte caduta nel settore industriale, che si è rilevata anche in Lombardia, dove però la crescita del terziario è stata molto più sostenuta, svolgendo una efficace funzione compensativa. Un andamento analogo è riscontrabile anche sul versante della disoccupazione: ad un aumento del numero delle persone in cerca di lavoro nella nostra regione corrisponde una diffusa riduzione nel resto dell’Italia. E’ possibile che il Piemonte, secondo un pattern già rilevato in passato, anticipi tendenze che solo successivamente si affermano a livello nazionale.

 

Nella scuola piemontese i dati relativi all’anno 2006/2007 confermano le tendenze in atto da alcuni anni. Il numero degli allievi complessivi è in espansione dal 1999, il tasso di crescita maggiore si osserva nella scuola primaria, mentre nella scuola secondaria di primo grado il numero degli allievi si mantiene stabile. La crescita degli allievi è determinata principalmente dal notevole aumento di alunni con cittadinanza straniera  Nella scuole piemontesi vi sono allievi di ben 148 nazionalità differenti, tuttavia la maggioranza degli stranieri proviene da soli tre Paesi: Romania, Marocco e Albania. Quasi tutte le famiglie piemontesi usufruiscono del servizio offerto dalla scuola dell’infanzia, anche se non obbligatorio, così come sempre più giovani frequentano e concludono un corso di studi superiore. Le scuole non statali sono attive in maggioranza nel livello prescolare mentre sono meno presenti negli altri livelli di scuola, il numero degli iscritti è in lieve diminuzione. In tutti gli indicatori scolastici  le ragazze presentano valori costantemente migliori dei loro coetanei, tassi di bocciatura e di abbandono più bassi, tassi di scolarizzazione più elevati. Agli indicatori quantitativi quest’anno si aggiungono le analisi tratte dall’ultima indagine Pisa sulle competenze maturate dai giovani quindicenni: il Piemonte in un’analisi comparativa con le altre regioni si situa in una buona posizione per tutti e tre gli  ambiti indagati, scienze, matematica e capacità di lettura. Anche negli atenei piemontesi il numero degli iscritti è nuovamente in aumento, mentre si registra una contrazione dei laureati nel 2007, dovuta in parte all’esaurirsi di percorsi di riqualificazione.

 

Gli indicatori del modello SISREG rendono possibile una prima analisi, a carattere sperimentale, della qualità sociale in Piemonte, avendo come termini di confronto le altre regioni italiane e alcune regioni europee. Oltre ai numerosi elementi di forza nella propria struttura sociale, emergono anche alcuni fattori critici o di minor dinamismo rispetto a quelli presenti in altre regioni, che possono minare lo sviluppo regionale degli anni futuri. Alcune indicazioni che conseguono dall'analisi: attuare politiche capaci di migliorare il livello generale di istruzione e formazione delle persone di tutte le età; realizzare politiche di contrasto della disoccupazione e politiche di conciliazione famiglia-lavoro; migliorare la sicurezza del contesto di vita, in particolare nelle aree metropolitane, che accusano livelli di pericolosità elevati.

 

In Piemonte i luoghi delle cure si sono profondamente diversificati negli ultimi decenni, con lo sviluppo di nuovi bisogni derivanti dalla crescita delle aspettative di vita e dall’incremento parallelo e conseguente delle patologie cronico degenerative. In questo contesto  le strutture ospedaliere si stanno sempre più caratterizzando come momento di trattamento dell’episodio acuto,  in pazienti cronicamente assistiti. Negli ultimi anni le politiche sanitarie hanno cercato risposte ai mutati scenari perseguendo, da un lato,  obiettivi di contrazione nell’utilizzo degli ospedali, al fine di liberare risorse da destinare ai servizi territoriali e, sull’altro versante,  di modificazione dell’assistenza in questi erogata, che si sta spostando dai ricoveri ordinari all’ospedalizzazione diurna. L’ intervento tenta una lettura della trasformazione in atto nella rete ospedaliera della nostra Regione, fornendo possibili chiavi interpretative, attraverso indicatori che confrontano la dotazione strutturale e l’efficienza delle strutture ospedaliere piemontesi confrontate con i valori medi nazionali, nonché gli aspetti relativi all’integrazione della rete ospedaliera piemontese con le altre componenti del servizio sanitario regionale. I dati analizzati confermano, nel complesso,  le modificazioni profonde che stanno attraversando i sistemi ospedalieri, in Piemonte e in Italia, ma anche, su alcuni versanti,  il persistere di difficoltà di integrazione tra le strutture ospedaliere ed i servizi territoriali di cura e di prevenzione. Si tratta di limiti sui quali occorrerà focalizzare l’attenzione negli anni a venire, dal momento che la funzionalità della rete ospedaliera si gioca  proprio sulla sua capacità di interconnettere elementi tra loro collegati, attorno ai percorsi assistenziali dei cittadini.

 

La richiesta di sicurezza nei confronti della criminalità è un dato presente nella società piemontese, come dovunque in Italia e soprattutto al nord. L’analisi della criminalità è possibile prevalentemente sulla base dei reati visibili e nasconde quindi un enorme numero di fatti non registrati. Limitandosi ai reati più difficilmente occultabili, si evidenzia una forte diminuzione di omicidi e furti sia d’auto che sulle auto, un aumento di furti di motorini e nelle abitazioni. Il trend complessivo dei reati è in crescita, ma è scarsa la correlazione con l’andamento della preoccupazione per la sicurezza, segno che le radici della paura sono più complesse e vanno cercate anche altrove. Sul fronte evasione fiscale, il Piemonte è fra le regioni virtuose (o meno delittuose) come intensità di evasione; è invece fra quelle che evadono di più in cifra assoluta, a causa della elevata base imponibile. La risposta della Guardia di Finanza è in linea con quella nazionale, con un ottimo risultato in termini di base imponibile recuperata nel 2007. Buona la risposta della macchina della giustizia: Torino è terza in Italia, dopo Trento e Bolzano, per rapidità nei processi. 

 

La recente legislazione sul paesaggio opera una svolta importante considerando per la prima volta il paesaggio in chiave sistemica, come una realtà complessa e nella quale anche la soggettività delle comunità residenti gioca un ruolo rilevante. Ne consegue un ruolo cruciale per aspetti quali la vitalità della società locale, la consistenza della sua rete di relazioni e il suo grado di consapevolezza nell’apprezzare il valore dei beni pubblici. Questo nuovo approccio alla progettazione del paesaggio assegna alle regioni una funzione importante sia nella fornitura di strumenti pianificatori veri e propri,  sia nel sostenere un contemporaneo cambiamento culturale diffuso e una consapevolezza del valore dei beni comuni capace di favorire nuovi e più sostenibili stili di vita. Si fa strada un concetto di “piano attivo”: non solo basato sulla verifica della coerenza delle azioni locali con una carta di vincoli o vocazioni del territorio. Ma, nessuno di questi nuovi piani avrà successo se non si innescherà un cambiamento culturale complessivo, di riscoperta e ri-appropriazione dei luoghi da parte degli abitanti. Per questo è fondamentale monitorare la risposta della società civile organizzata. I primi dati mostrano che essa manifesta sintomi di un cambiamento di mentalità ancora quantitativamente modesto ma culturalmente significativo.

 

Le risposte

 

Quale risposta offre il Piemonte nel suo complesso –imprese, politica, società civile– a questo complessa situazione?

1. Innanzitutto va sottolineato il dinamismo di alcune realtà imprenditoriali, per esempio nel campo manifatturiero o commerciale.  I dati dell’export offrono l’immagine di una economia ancora attiva e competitiva. Ciò che si osserva sullo scenario commerciale affianca esempi di innovazione e modelli in grado di fare scuola da un lato e una diffusa incapacità di adeguarsi ai ritmi mutati della società, dall’altro. E su entrambi i lati, pesano filiere ancora troppo lunghe che penalizzano le fasce di consumo più povere.

2.         Le infrastrutture su cui può contare il Piemonte sono relativamente buone per quanto riguarda mobilità e ICT. Si tratta di aspetti importanti, che rispondono a obiettivi strategici indicati nel POR della Regione Piemonte (Asse 2 Innovazione, Obiettivo operativo 3: ICT nelle imprese e DPEFR 2007-2009, priorità 3: accessibilità). Ma le reti, da sole, non bastano a modernizzare una società ed occorrono comportamenti adeguati da parte degli utenti. Qui, nel campo ICT, si registra un certo ritardo sul lato dei cittadini e delle amministrazioni pubbliche mentre le notizie sono relativamente buone sul lato delle imprese. Nel campo della mobilità i risultati ottenuti nella riduzione dell’incidentalità, mostrano che i cittadini sono disponibili a mutare stili di comportamento, di fronte a politiche adeguate, anche in misura maggiore della media italiana.

3.         Il capitale sociale, pur con i limiti che sono stati segnalati, rimane una risorsa importante del Piemonte, ancora capace di dare segnali pro-attivi. E’ significativo il buon livello di fiducia verso le amministrazioni locali , evidenziato per esempio dalla scelta del comune come beneficiario del 5 x 1000 (il Piemonte è la quarta regione in Italia come percentuale di contribuenti, la seconda di quelle grandi). Anche la risposta in relazione alla tante trasformazioni che attraversano il territorio è buona: l’esperienza degli osservatori del paesaggio, per quanto limitata nelle dimensioni, è il sintomo di un Piemonte non rassegnato alla “sindrome di nimby” (anche questo un dato importante in relazione agli obiettivi del POR, asse 3, riqualificazione del territorio). Anche gli ottimi risultati nella raccolta differenziata (Piemonte quarta regione in Italia, con una forte accelerazione negli ultimi anni) segnalano non solo cittadinanza responsabile e amministrazione attiva, ma soprattutto un buon rapporto fra le due. Da sottolineare infine il giudizio positivo sui servizi pubblici, che rimane elevato, anzi si accentua in molti casi, a conferma di una società la cui interpretazione non si adatta allo stereotipo dell’anti-politica.  

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