Il
Piemonte nel 2007 in sintesi
Condizionata dalla crisi statunitense, l’economia
globale ha rallentato nel 2007: il Pil mondiale è
cresciuto del 4,9% e del 2,6% nell’Eurozona, 2,9%
nell’intera UE. Anche l’Italia ha risentito della
leggera flessione congiunturale: nel 2007 il Pil è
cresciuto del 1,5%, decelerando rispetto al +1,8% del
2006. Il Pil piemontese registra 1,6 e 1,4%
rispettivamente. Per quanto riguarda la crescita
industriale, il 2007 è stato per il Piemonte un anno di
consolidamento, dopo alcuni anni negativi. Brillanti i
risultati dei primi due trimestri dell’anno, trainati
dall’auto e non solo, poi la crescita industriale ha
rallentato, mantenendosi comunque su +2,6% su base
annua.
Il
clima di opinione registrato fra i cittadini in
relazione sia al periodo appena trascorso sia alle
prospettive immediate, segnala percezioni negative,
anche se non disastrose: la percentuale di coloro che
considerano peggiorata la situazione economica italiana
passa dal 57,2% del febbraio 2007 al 72,5% del febbraio
2008. Tuttavia l’ottimismo diminuisce, ma rimane a
livelli più elevati del 2004 e degli anni immediatamente
precedenti. La situazione piemontese trova riscontri
analoghi nel resto d’Italia e in tutta Europa e nel
resto del mondo industrializzato. Nei 5 più grandi paesi
europei, nel corso del 2007, il grado di ottimismo
personale scende in media di 17 punti, ma nel mondo solo
in Cina e in minor misura India e Indonesia si
registrano livelli di fiducia nel futuro elevati:
altrove prevale, e da diversi anni, il pessimismo. In
questo quadro di complessiva difficoltà e incertezza dei
cittadini, l’Italia mantiene alcune sue peculiarità,
difficili da spiegare guardando solo all’economia o solo
alla società. Abbiamo probabilmente bisogno di uno
sguardo più complesso: che non solo consideri insieme
tanti diversi ambiti di lavoro e di vita, ma di ognuno
ne esamini anche le contraddizioni e cerchi spiegazioni
cercando di andare oltre i semplici meccanismi
causa-effetto.
Il
quadro generale
L’osservazione degli investimenti diretti esteri
permette di analizzare le caratteristiche strutturali ed
evolutive dell’internazionalizzazione attiva e passiva
delle imprese piemontesi. Nonostante un andamento non
positivo nei primi anni duemila, il Piemonte continua a
mostrare un livello di internazionalizzazione superiore
alla media nazionale, sia in uscita (investimenti
all’estero), sia in entrata (investimenti dall’estero),
anche se ampio appare ancora il divario con le regioni
europee più avanzate, soprattutto per quanto concerne la
capacità di attrarre investimenti internazionali di tipo
greenfield (ovvero che comportano l’avvio di nuove
attività produttive e di servizio).
I
diversi contesti provinciali risultano generalmente
accomunati da un’ ulteriore crescita dell’export (con la
sola eccezione di Biella), ad evidenziare gli sforzi del
sistema produttivo piemontese verso un consolidamento
della propria posizione sui mercati internazionali. Su
questo fronte notevoli progressi si registrano nelle
province del Piemonte meridionale, Cuneo, Asti e
Alessandria mentre una situazione di debolezza si
riscontra, oltre che a Biella, anche nella provincia di
Novara.
La
globalizzazione dei fenomeni economici, sociali,
politici e ambientali, è all’origine di cambiamenti e
trasformazioni che non riguardano solo le imprese ma
investono più in profondità le strutture sociali ed
organizzative. Enti locali, Governi regionali, scuola
pubblica, Università, istituti finanziari e associazioni
della società civile sono chiamati a rispondere agli
stimoli provenienti dal mondo, partecipando attivamente
alle relazioni internazionali e attrezzandosi con
adeguati strumenti di internazionalizzazione e
inclusione sociale della popolazione straniera. Una
panoramica del fenomeno è possibile attraverso l’analisi
delle politiche di cooperazione internazionale allo
sviluppo della Regione e dagli Enti locali;
dell’internazionalizzazione della scuola primaria e
secondaria oltre a quella delle Università e dei centri
di alta formazioni presenti sul territorio piemontese;
del fenomeno dell’imprenditoria straniera; della
bancarizzazione e delle rimesse degli immigrati.
L’immagine che se ne ricava è però quella di una
società ancora impreparata a far fronte alla
globalizzazione, o in ogni caso meno consapevole
rispetto al mondo dell’impresa.
I
settori produttivi
Nel
2007 l’incremento della domanda nei paesi emergenti,
dell’opzione agro-energetica e della riduzione delle
produzioni causata da ragioni climatiche hanno influito
profondamente sui mercati agroalimentari internazionali.
Ciò ha portato a un sensibile incremento dei prezzi dei
prodotti agricoli, soprattutto per i cereali, causando
poi un brusco aumento dei costi sostenuti dalla
zootecnia. Gli effetti si sono riverberati anche a
livello locale.
Buone
notizie dal fronte auto. Dal punto di vista finanziario
il 2007 ha segnato un punto di svolta sul fronte
dell’indebitamento industriale. Oggi, non solo Fiat lo
ha azzerato, ma ha chiuso la gestione con una
disponibilità netta di circa 350 milioni di euro. Allo
stesso tempo, il considerevole cash flow industriale ha
permesso di proseguire nel rinnovamento della gamma dei
prodotti, migliorare i livelli di qualità, aumentare la
redditività. I risultati del Gruppo al 31 dicembre 2007
mostrano per il terzo anno consecutivo risultati
estremamente positivi e in forte crescita: i ricavi del
gruppo Fiat sono stati pari a 58,5 miliardi di euro (in
aumento del 12,9% rispetto al 2006). Il risultato della
gestione ordinaria è stato positivo per 3.233 milioni di
euro, ben oltre gli obiettivi prefissati e in crescita
di circa il 65,7% rispetto all’anno 2006. Il risultato
operativo del gruppo è stato di 3.152 milioni di euro
contro i 2.061 milioni del 2006, in aumento del 52,9%.
Il Risultato ante imposte dell’anno 2007 è stato
positivo per 2.773 milioni di euro, a fronte dell’utile
di 1.641 milioni di euro dell’anno precedente. Anche il
risultato netto d’esercizio dunque è stato in
progressione rispetto al 2006 risultando pari a 2.054
milioni di euro. Nel 2007 il Gruppo ha azzerato
l’indebitamento netto industriale e ha chiuso l’anno con
una disponibilità netta di 0,4 miliardi di euro. I
dipendenti del Gruppo a fine 2007 erano 185.227 rispetto
ai 172.012 di fine 2006 a seguito di 32.300 assunzioni
contro circa 21.400 uscite.
Il
Piemonte si conferma nel ruolo di “Porta d’Italia” della
distribuzione commerciale. Una Regione ricca di
iniziativa e di innovazione scelta anche dalle catene
internazionali per entrare nel mercato italiano. Dal
2001 al 2007 l’apparato commerciale ha sviluppato oltre
20.000 nuovi posti di lavoro, anche grazie al
franchising.
Nonostante un calo del 7% delle presenze, imputabile in
larga parte alla naturale fase post olimpica, nel 2007,
le presenze turistiche tutte le altre province segnano
un incremento, in particolare di quelle straniere,
tranne la provincia di Torino e quelle limitrofe di
Biella e Asti.
Le
infrastrutture
Il
Piemonte gode di un sistema di infrastrutture per la
mobilità articolato e capillare, anche in virtù della
mole di investimenti e interventi che hanno interessato
il territorio regionale negli ultimi anni, facilitata
dall’evento olimpico del 2006: oltre quelle previste dal
“Programma Olimpico”, sono infatti state realizzate
numerose opere connesse. Ad esse si uniscono diverse
infrastrutture strategiche in corso di programmazione e
realizzazione, quali ad esempio la linea AV/AC,
l’autostrada Asti-Cuneo, il nodo di Novara, il passante
di Torino, il Terzo valico dei Giovi, che contribuiranno
a rendere il grado di infrastrutturazione del territorio
piemontese competitivo e diffuso, offrendo una grande
opportunità di integrazione col contesto nazionale e
internazionale. La possibilità di cogliere tale
opportunità è legata alla capacità della pianificazione
di perseguire una gestione integrata di infrastrutture
materiali, servizi immateriali e trasformazioni
urbanistiche, mediante politiche di accompagnamento di
carattere organizzativo basate sui concetti quali
l’integrazione territoriale, l’interconnessione, la
governance territoriale applicata alle reti.
Per
quanto riguarda le reti energetiche, sono cruciali le
vocazioni territoriali, che considerano sia gli aspetti
fisici ed ecologici per indagare le potenzialità già
sfruttate e quelle ancora latenti, sia il livello
dell’organizzazione del territorio dal punto di vista
delle attività produttive e dei modelli insediativi,
sia, infine, alle reti di relazione tra gli attori
(locali e sovra-locali) e le risorse locali potenziali.
Una delle sfide che emergono riguarda proprio la
capacità di leggere le risorse energetiche presenti in
potenza in un’area e di favorirne lo sfruttamento,
coordinando strumenti di pianificazione energetica
diretta e strumenti di pianificazione territoriale che,
indirettamente, possono influenzare e determinare la
domanda e l’offerta di energia locale.
Se
raffrontata alla situazione rilevata tre anni or sono,
oggi (fine 2007) la dotazione di reti ICT in Piemonte
può ritenersi relativamente buona, sostenuta anche da un
impegno considerevole delle iniziative regionali nel
diffondere l’accesso alla banda larga a tutti i comuni
piemontesi. L’utilizzo da parte dei diversi soggetti,
tuttavia, è ancora lungi dall’essere soddisfacente,
soprattutto se confrontato con i livelli europei:
discreto per le imprese (con più di 10 addetti),
limitato fra i cittadini (come range e intensità di uso
dei diversi servizi), inerziale per la pubblica
amministrazione (quasi la metà dei comuni dispone di una
buona dotazione tecnologica ma rivela una debole
propensione al suo utilizzo).
Le
ICT possono avere un ruolo rilevante nel perseguire
obiettivi più generali di miglioramento delle
funzionalità di erogazione e di fruizione di numerosi
servizi pubblici e privati. Ad esempio, con riferimento
al perseguimento di obiettivi di mobilità sostenibile,
le ICT possono costituire uno strumento straordinario,
per ridurre l’incidentalità stradale, contenere il
traffico motorizzato (privato) nelle aree più
congestionate, ridurre il consumo energetico e
l’inquinamento. Nonostante un quadro conoscitivo ancora
insufficiente, emerge da parte dei cittadini piemontesi
che usano il Web, un discreta consapevolezza circa la
possibilità di evitare di spostarsi per realizzare per
svolgere un’attività. Anche il fenomeno dell’incidentalità,
in progressiva riduzione dal 2003, presenta dinamiche
interessanti. Infine, è importante l’incidenza che i
trasporti hanno sul bilancio energetico della regione:
gli indicatori presi in esame segnalano un livello di
efficienza energetica nel complesso, più elevato di
quello riscontrabile per il settore dei trasporti a
livello nazionale: migliore anche la performance come
intensità energetica (energia consumata per unità di Pil).
Governo e governance locale
Da
tempo il sistema di finanziamento degli enti locali, e
la disciplina della spesa, non sono stabili, ma
risultano soggetti a mutamenti annuali della normativa
che li regola. In questi anni uno degli obiettivi
principali della politica economica centrale è stato il
contenimento dell’indebitamento complessivo delle
amministrazioni pubbliche italiane attraverso le regole
del patto di stabilità interno. Gli enti piemontesi
hanno rispettato la normativa, ma l’impostazione dei
bilanci rivela difficoltà crescenti, come è testimoniato
dalla gamma di strategie finanziarie messe in atto.
Osservando la dinamica degli investimenti emergono forti
differenze nei livelli e nel finanziamento, in base alle
diverse tipologie di comune. Il sistema del governo
locale è “un cantiere” con tante tematiche che si
trovano nell’agenda politica della nuova legislatura: il
ridisegno del sistema di finanziamento, la questione
dimensionale degli enti più piccoli e delle aree
metropolitane, il controllo dei conti pubblici in un
contesto di proliferazione di società a controllo
pubblico, la gestione della mobilità nelle aree urbane.
Un cantiere all’interno del più vasto cantiere della
riforma federalistica che potrebbe modificare in misura
rilevante i rapporti tra stato regioni ed enti locali,
a partire da quelli finanziari.
Contemporaneamente, stiamo assistendo in Piemonte, come
in Italia, alla proliferazione di bilanci sociali e
altre pratiche di rendicontazione sociale: nelle
imprese, negli enti pubblici e negli enti non profit. In
questa fase evolutiva si tenta di definire e rendere
sistematica la linea di demarcazione ancora incerta del
bilancio sociale. Molto vivo è il dibattito
sull’approccio volontaristico, sul coinvolgimento degli
stakeholder e sullo sviluppo di una cultura di
responsabilità e di rendicontazione sociale. La volontà
politico-istituzionale e la regia che saprà assicurare
saranno determinanti nell’implementazione di queste
pratiche di rendicontazione sociale.
La
qualità sociale
Il
2007 conferma la dinamica demografica in atto negli
ultimi anni. La popolazione è in crescita grazie ai
flussi migratori dall’estero che compensano il deficit
naturale, ancorché in lieve ripresa. Il 2007 inoltre si
caratterizza per un boom di iscrizioni dall’estero
favorito dall’ingresso nell’Unione Europea di Romania e
Bulgaria. Gli stranieri rappresentano oramai una
presenza radicata e stabile sul territorio piemontese
come conferma il progressivo aumento delle immigrazioni
legate ai ricongiungimenti familiari: al primo gennaio
2007 i residenti con cittadinanza straniera
costituiscono il 5,8% della popolazione regionale. Il
Piemonte si conferma come una delle aree più invecchiate
in Europa, la percentuale di anziani è in aumento così
come l’indice di vecchiaia e la dipendenza degli anziani
sulla popolazione in età lavorativa. Tuttavia si osserva
come i flussi migratori -come già era avvenuto negli
anni Sessanta- stiano fornendo un contributo al
“ringiovanimento” della popolazione. Infatti, gli
immigrati sono tendenzialmente più giovani e hanno una
propensione a fare figli più alta degli autoctoni: nel
2007, i nati stranieri rappresentano il 16% dei nati in
Piemonte. L’esperienza del passato indurrebbe a
considerare questi fenomeni come transitori.
L’esperienza attuale è troppo recente per trarne
indicazioni solide. Tutte le province piemontesi
beneficiano nel 2007 del notevole aumento del saldo
migratorio anche se con intensità differenti nelle
diverse aree. L’arrivo di nuovi residenti dall’estero
dovrebbe compensare la dinamica naturale negativa in
tutte le province ad eccezione di Biella.
Il
2007 vede una crescita occupazionale apprezzabile (+11.000
addetti), pur se in deciso regresso rispetto all’anno
precedente, quando il saldo positivo era stato di 23.000
unità. In realtà, dal punto di vista del mercato del
lavoro il quadro del 2007 presenta elementi
contraddittori: dopo i positivi sviluppi del 2006,
riflessi ancora in una buona performance nel primo
semestre del 2007, si è delineata un’inversione di
tendenza piuttosto netta nel secondo semestre, con
prospettive di recessione che andranno valutate sulla
base dei prossimi dati congiunturali. Colpisce in ogni
caso che il peggioramento del bilancio occupazionale
registrato nell’ultimo periodo dell’anno sia in realtà
una specificità piemontese: la nostra è stata l’unica
regione del Centro-Nord a registrare una flessione dei
posti di lavoro nel IV trimestre 2007, con una forte
caduta nel settore industriale, che si è rilevata anche
in Lombardia, dove però la crescita del terziario è
stata molto più sostenuta, svolgendo una efficace
funzione compensativa. Un andamento analogo è
riscontrabile anche sul versante della disoccupazione:
ad un aumento del numero delle persone in cerca di
lavoro nella nostra regione corrisponde una diffusa
riduzione nel resto dell’Italia. E’ possibile che il
Piemonte, secondo un pattern già rilevato in passato,
anticipi tendenze che solo successivamente si affermano
a livello nazionale.
Nella
scuola piemontese i dati relativi all’anno 2006/2007
confermano le tendenze in atto da alcuni anni. Il numero
degli allievi complessivi è in espansione dal 1999, il
tasso di crescita maggiore si osserva nella scuola
primaria, mentre nella scuola secondaria di primo grado
il numero degli allievi si mantiene stabile. La crescita
degli allievi è determinata principalmente dal notevole
aumento di alunni con cittadinanza straniera Nella
scuole piemontesi vi sono allievi di ben 148 nazionalità
differenti, tuttavia la maggioranza degli stranieri
proviene da soli tre Paesi: Romania, Marocco e Albania.
Quasi tutte le famiglie piemontesi usufruiscono del
servizio offerto dalla scuola dell’infanzia, anche se
non obbligatorio, così come sempre più giovani
frequentano e concludono un corso di studi superiore. Le
scuole non statali sono attive in maggioranza nel
livello prescolare mentre sono meno presenti negli altri
livelli di scuola, il numero degli iscritti è in lieve
diminuzione. In tutti gli indicatori scolastici le
ragazze presentano valori costantemente migliori dei
loro coetanei, tassi di bocciatura e di abbandono più
bassi, tassi di scolarizzazione più elevati. Agli
indicatori quantitativi quest’anno si aggiungono le
analisi tratte dall’ultima indagine Pisa sulle
competenze maturate dai giovani quindicenni: il Piemonte
in un’analisi comparativa con le altre regioni si situa
in una buona posizione per tutti e tre gli ambiti
indagati, scienze, matematica e capacità di lettura.
Anche negli atenei piemontesi il numero degli iscritti è
nuovamente in aumento, mentre si registra una
contrazione dei laureati nel 2007, dovuta in parte
all’esaurirsi di percorsi di riqualificazione.
Gli
indicatori del modello SISREG rendono possibile una
prima analisi, a carattere sperimentale, della qualità
sociale in Piemonte, avendo come termini di confronto le
altre regioni italiane e alcune regioni europee. Oltre
ai numerosi elementi di forza nella propria struttura
sociale, emergono anche alcuni fattori critici o di
minor dinamismo rispetto a quelli presenti in altre
regioni, che possono minare lo sviluppo regionale degli
anni futuri. Alcune indicazioni che conseguono
dall'analisi: attuare politiche capaci di migliorare il
livello generale di istruzione e formazione delle
persone di tutte le età; realizzare politiche di
contrasto della disoccupazione e politiche di
conciliazione famiglia-lavoro; migliorare la sicurezza
del contesto di vita, in particolare nelle aree
metropolitane, che accusano livelli di pericolosità
elevati.
In
Piemonte i luoghi delle cure si sono profondamente
diversificati negli ultimi decenni, con lo sviluppo di
nuovi bisogni derivanti dalla crescita delle aspettative
di vita e dall’incremento parallelo e conseguente delle
patologie cronico degenerative. In questo contesto le
strutture ospedaliere si stanno sempre più
caratterizzando come momento di trattamento
dell’episodio acuto, in pazienti cronicamente
assistiti. Negli ultimi anni le politiche sanitarie
hanno cercato risposte ai mutati scenari perseguendo, da
un lato, obiettivi di contrazione nell’utilizzo degli
ospedali, al fine di liberare risorse da destinare ai
servizi territoriali e, sull’altro versante, di
modificazione dell’assistenza in questi erogata, che si
sta spostando dai ricoveri ordinari all’ospedalizzazione
diurna. L’ intervento tenta una lettura della
trasformazione in atto nella rete ospedaliera della
nostra Regione, fornendo possibili chiavi
interpretative, attraverso indicatori che confrontano la
dotazione strutturale e l’efficienza delle strutture
ospedaliere piemontesi confrontate con i valori medi
nazionali, nonché gli aspetti relativi all’integrazione
della rete ospedaliera piemontese con le altre
componenti del servizio sanitario regionale. I dati
analizzati confermano, nel complesso, le modificazioni
profonde che stanno attraversando i sistemi ospedalieri,
in Piemonte e in Italia, ma anche, su alcuni versanti,
il persistere di difficoltà di integrazione tra le
strutture ospedaliere ed i servizi territoriali di cura
e di prevenzione. Si tratta di limiti sui quali
occorrerà focalizzare l’attenzione negli anni a venire,
dal momento che la funzionalità della rete ospedaliera
si gioca proprio sulla sua capacità di interconnettere
elementi tra loro collegati, attorno ai percorsi
assistenziali dei cittadini.
La
richiesta di sicurezza nei confronti della criminalità è
un dato presente nella società piemontese, come dovunque
in Italia e soprattutto al nord. L’analisi della
criminalità è possibile prevalentemente sulla base dei
reati visibili e nasconde quindi un enorme numero di
fatti non registrati. Limitandosi ai reati più
difficilmente occultabili, si evidenzia una forte
diminuzione di omicidi e furti sia d’auto che sulle
auto, un aumento di furti di motorini e nelle
abitazioni. Il trend complessivo dei reati è in
crescita, ma è scarsa la correlazione con l’andamento
della preoccupazione per la sicurezza, segno che le
radici della paura sono più complesse e vanno cercate
anche altrove. Sul fronte evasione fiscale, il Piemonte
è fra le regioni virtuose (o meno delittuose) come
intensità di evasione; è invece fra quelle che evadono
di più in cifra assoluta, a causa della elevata base
imponibile. La risposta della Guardia di Finanza è in
linea con quella nazionale, con un ottimo risultato in
termini di base imponibile recuperata nel 2007. Buona la
risposta della macchina della giustizia: Torino è terza
in Italia, dopo Trento e Bolzano, per rapidità nei
processi.
La
recente legislazione sul paesaggio opera una svolta
importante considerando per la prima volta il paesaggio
in chiave sistemica, come una realtà complessa e nella
quale anche la soggettività delle comunità residenti
gioca un ruolo rilevante. Ne consegue un ruolo cruciale
per aspetti quali la vitalità della società locale, la
consistenza della sua rete di relazioni e il suo grado
di consapevolezza nell’apprezzare il valore dei beni
pubblici. Questo nuovo approccio alla progettazione del
paesaggio assegna alle regioni una funzione importante
sia nella fornitura di strumenti pianificatori veri e
propri, sia nel sostenere un contemporaneo cambiamento
culturale diffuso e una consapevolezza del valore dei
beni comuni capace di favorire nuovi e più sostenibili
stili di vita. Si fa strada un concetto di “piano
attivo”: non solo basato sulla verifica della coerenza
delle azioni locali con una carta di vincoli o vocazioni
del territorio. Ma, nessuno di questi nuovi piani avrà
successo se non si innescherà un cambiamento culturale
complessivo, di riscoperta e ri-appropriazione dei
luoghi da parte degli abitanti. Per questo è
fondamentale monitorare la risposta della società civile
organizzata. I primi dati mostrano che essa manifesta
sintomi di un cambiamento di mentalità ancora
quantitativamente modesto ma culturalmente
significativo.
Le
risposte
Quale
risposta offre il Piemonte nel suo complesso –imprese,
politica, società civile– a questo complessa situazione?
1. Innanzitutto va sottolineato il dinamismo di alcune
realtà imprenditoriali, per esempio nel campo
manifatturiero o commerciale. I dati dell’export
offrono l’immagine di una economia ancora attiva e
competitiva. Ciò che si osserva sullo scenario
commerciale affianca esempi di innovazione e modelli in
grado di fare scuola da un lato e una diffusa incapacità
di adeguarsi ai ritmi mutati della società, dall’altro.
E su entrambi i lati, pesano filiere ancora troppo
lunghe che penalizzano le fasce di consumo più povere.
2. Le infrastrutture su cui può contare il
Piemonte sono relativamente buone per quanto riguarda
mobilità e ICT. Si tratta di aspetti importanti, che
rispondono a obiettivi strategici indicati nel POR della
Regione Piemonte (Asse 2 Innovazione, Obiettivo
operativo 3: ICT nelle imprese e DPEFR 2007-2009,
priorità 3: accessibilità). Ma le reti, da sole, non
bastano a modernizzare una società ed occorrono
comportamenti adeguati da parte degli utenti. Qui, nel
campo ICT, si registra un certo ritardo sul lato dei
cittadini e delle amministrazioni pubbliche mentre le
notizie sono relativamente buone sul lato delle imprese.
Nel campo della mobilità i risultati ottenuti nella
riduzione dell’incidentalità, mostrano che i cittadini
sono disponibili a mutare stili di comportamento, di
fronte a politiche adeguate, anche in misura maggiore
della media italiana.
3. Il capitale sociale, pur con i limiti che
sono stati segnalati, rimane una risorsa importante del
Piemonte, ancora capace di dare segnali pro-attivi. E’
significativo il buon livello di fiducia verso le
amministrazioni locali , evidenziato per esempio dalla
scelta del comune come beneficiario del 5 x 1000 (il
Piemonte è la quarta regione in Italia come percentuale
di contribuenti, la seconda di quelle grandi). Anche la
risposta in relazione alla tante trasformazioni che
attraversano il territorio è buona: l’esperienza degli
osservatori del paesaggio, per quanto limitata nelle
dimensioni, è il sintomo di un Piemonte non rassegnato
alla “sindrome di nimby” (anche questo un dato
importante in relazione agli obiettivi del POR, asse 3,
riqualificazione del territorio). Anche gli ottimi
risultati nella raccolta differenziata (Piemonte quarta
regione in Italia, con una forte accelerazione negli
ultimi anni) segnalano non solo cittadinanza
responsabile e amministrazione attiva, ma soprattutto un
buon rapporto fra le due. Da sottolineare infine il
giudizio positivo sui servizi pubblici, che rimane
elevato, anzi si accentua in molti casi, a conferma di
una società la cui interpretazione non si adatta allo
stereotipo dell’anti-politica.